Il nome
Castel di Tora sino al 1864 era Castel Vecchio (Castrum Vetus) e gli abitanti si chiamano ancora “castelvecchiesi”.
Il nuovo nome si rifà all’antica e famosa (ma d’incerta collocazione) città sabina di Thora, poi pagus (villaggio) romano.
Lo stemma
La strategica posizione dei due Castelli opportunamente integrata da torri di avvistamento, chiaramente indicavano la loro funzione difensiva all’epoca delle invasioni dei Saraceni. Da qui la torre.
L’azzurro ricorda le acque del lago Turano.
La storia
Castel di Tora, tra Carsoli e Rieti, lungo la vallata del Turano, ora imponente borgo dominante l’omonimo lago, trae le sue origini agli inizi dell’anno mille all’epoca del fenomeno degli “incastellamenti” ed è menzionato per la prima volta nei documenti farfensi del 1035 con il nome di “Castrum Vetus de Ophiano” (Chronicon Farfense).
Per secoli è stato chiamato “Castelvecchio” (aggettivo castelvecchiese) nome mutato dopo l’unità d’Italia nel 1864 in quello di Castel di Tora, a ricordo di un antico pagus sabino romano detto Thora Thiora.
L’Abbazia di Farfa possedette il territorio di Castel di Tora che lo ebbe in dono dai Rusticelli – Guidonisci, signori longobardi di Tora nel 1092, insieme al monte Antuni, l’antico “Castrum Antoni”, prospicente roccaforte.
La strategica posizione dei due castelli, opportunamente integrata da torri di avvistamento, è un chiaro segno della loro funzione difensiva all’epoca dell’invasione saracena del IX e X secolo.
Successivamente la proprietà fu dei Buzi – Brancaleoni e quindi dei Mareri, ai quali fu confiscata nel 1241 da Federico II di Svevia alla cui morte nel 1250 ritornò ai Mareri.
Corradino di Svevia, ultimo degli Hohenstaufen, vi si rifugiò dopo la sconfitta dei Piani Palentini (località situata tra Cappelle dei Marsi, Cese e Scurcola Marsicana), il 23.08.1268, prima di proseguire verso Vicovaro, nel disperato quanto vano tentativo di sottrarsi alla cattura da parte delle truppe angioine.
La proprietà rimase ai Mareri, in quanto la confisca di Carlo I D’Angiò dei feudi dei Mareri nel Regno non colpì Castel di Tora ed Antuni situati nella Massa Torana del Patrimonium Sancti Petri.
Nel 1440 il feudo di Castelvecchio passò agli Orsini e dal 1558 al 1570 agli Estouteville.
Da tale data Castel di Tora ritornò agli Orsini sino al 1634 per poi passare ai Borghese (signori di castelvecchio). In seguito alla rivoluzione francese si verificò l’abolizione dei feudi.
Il borgo di Antuni, invece, fu dei Brancaleoni fino al 1583, quindi dei Cesarini e poi dei Mattei sino al 1676. Di quest’epoca resta la testimonianza di un dipinto (1601) del pittore fiammingo Paul Bril, dall’aspro paesaggio con due castelli a guardia della gola formata dal Turano.
La proprietà passò quindi ai Lante della Rovere sino al 1729, poi ai Gentili e nel 1800 ai Principi del Drago.
Il borgo fu bombardato nel 1944 dagli aerei americani e nel 1950 completamente abbandonato dagli abitanti, di patronimico per lo più Franchi e Federici in chiara memoria del caposaldo imperiale. Dopo oltre 40 anni di abbandono ed incuria il borgo di Antuni era ridotto ad un cumulo di rovine ed ormai morto, quando nel 1992 il palazzo del Drago fu acquistato dal Comune di Castel di Tora e dal 1996 è stata iniziata e portata a termine, negli anni 2000-2002, l’opera di restauro e recupero del Castello del Drago e delle abitazioni circostanti, finanziati con i fondi CEE, del Giubileo 2000 e della Regione Lazio per un investimento complessivo di 5 miliardi e 500 milioni circa.
In tale complesso immobiliare del Monte Antuni, verrà realizzato un centro culturale polifunzionale e museale, mentre le abitazioni sono destinate a foresteria per attività di turismo sociale.
Prima dell’unità d’Italia Castel di Tora ed Antuni appartenevano allo Stato Pontificio.
Dopo il 1862 Castel di Tora rimase aggregata all’Umbria, e cioè alla provincia di Perugia, come tutto il circondario di Rieti, per passare nel 1923 sotto la Provincia di Roma.
Nel 1927 passò sotto la Provincia di Rieti appena creata.
Negli anni 1935-38 fu costruita la diga di Posticciola e creato il lago artificiale del Turano che sommerse i terreni più fertili della valle, causando una forte emigrazione della popolazione locale, che all’epoca contava circa 1000 abitanti.
L’invaso del Turano è di circa 165.000.000 di mc di acqua ed è collegato al bacino artificiale del lago Salto, costruito nello stesso periodo, con una galleria lunga circa 9.00 Km.
Con il progressivo spopolamento, negli ultimi anni, vi è stata una completa trasformazione dell’economia locale, che dall’agricoltura e dalla pastorizia si sta progressivamente trasformando ed orientando verso il settore terziario del commercio e del turismo.
Il “genius loci”
Assume particolare rilevanza il contesto paesaggistico in cui è inserito l’intero territorio comunale, caratterizzato da pascoli e boschi su rilievi che incidono profondamente nel territorio circostante.
Il centro abitato di Castel di Tora si inserisce armonicamente in tale contesto costituendo unità raffigurativa con il resto del paesaggio circostante.
Pur avendo riscontri di testimonianze di epoca romana, l’edificazione che ha maggiormente caratterizzato l’antropizzazione dei luoghi è tipicamente medievale, con edifici in muratura in pietra locale a faccia vista e copertura con strutture in legno e manto in coppi e controcoppi di laterizio.
Detta tipologia è praticamente rimasta invariata fino alla I metà del novecento.
Il tessuto urbanistico del centro abitato di Castel di Tora è rimasto pressoché invariato, dalle caratteristiche viuzze con selciati in pietra locale e porfido, mantenendo le originarie proporzioni di omogeneità dei volumi costruiti.
L’Amministrazione comunale ha realizzato e incentivato con contributi specifici interventi di ripristino delle finiture tipiche dell’architettura rurale del luogo al fine di uniformare e armonizzare i cromatismi delle facciate.
La memoria degli uomini
La mitica “Civitate Thyra o Thiora o Tora” ove venne martirizzata nel 249 Santa Anatolia, protettrice del paese; il posto, ove, vuole la tradizione soggiornassero monaci, eremiti; i luoghi in cui ebbero i natali tante persone votatesi alla vita ecclesiastica e ove anche oggi, si svolgono opere altamente umanitarie, fanno di Castel di Tora una comunità radicata di profondi valori di fede umana e cristiana, che la popolazione ha conservato intatti, anche tra tante contraddizioni e da cui emerge la sua inconfondibile fisionomia e dignità del proprio passato.